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Melchiorre Paolo Gerbino
- Melchiorre Gerbino
- direttore della rivista Mondo Beat


Fernanda Pivano senatrice a vita.
Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana.

(Nota. Oltre che al Presidente della Repubblica, questo scritto fu inviato da Melchiorre Gerbino singolarmente a ogni senatore e impedì che Fernanda Pivano fosse eletta senatrice a vita)

Gentilissimo Signor Presidente, Onorevole Giorgio Napolitano,
lo scrivente, Melchiorre Gerbino, é stato il direttore della rivista Mondo Beat e il leader dell'omonimo Movimento. A Mondo Beat nacque La Contestazione, che dal 1967 si propagò in Italia, poi in Francia dal 1968. Mondo Beat fu fondato (Movimento e Rivista) da Vittorio Di Russo, Umberto Tiboni e da me il 15.10.1966 in Milano e in Milano fu disciolto il 15.7.1967, tre giorni dopo che la Tendopoli di "Nuova Barbonia" era stratta distrutta con un'operazione congiunta di esercito, carabinieri e polizia.
Per venire ora a Fernanda Pivano, dirò che, dopo una breve fase iniziale di "annusamento", corse cattivo sangue tra Mondo Beat e il "salotto letterario" di Fernanda Pivano e tra le due parti non vi furono sinergie ma rigetto. Da una parte Fernanda Pivano non capiva il senso e la portata di quello che si andava sviluppando a Mondo Beat, e chiamava ciò "sottocultura di ragazzi di strada", tutta presa a vendere il prodotto della beat generation americana, di cui traduceva e introduceva testi, d'altra parte a Mondo Beat si temeva, specialmente da parte mia, che con vane mode d'oltreoceano Fernanda Pivano facesse rammollire i giovani libertari, che erano invece chiamati a pelare gatte nostrane (e ce n'erano!).
Durante il suo percorso, nel Movimento Mondo Beat confluirono le altre correnti libertarie che operavano in Milano, di cui le più rimarchevoli l'Onda Verde e i provos della "Sacco e Vanzetti", e ciò avvene per la buona volontà di tutti e soprattutto di Giuseppe Pinelli, il quale diede il primo colpo di manovella di ciclostile al primo numero della rivista Mondo Beat e partecipò attivamente allo sviluppo della storia del Movimento fino al suo scioglimento. Dopo lo scioglimento del Movimento, per la stampa di un ultimo numero della Rivista si offrì disinteressatamente l'editore Giangiacomo Feltrinelli.
Come vede, Signor Presidente, un percorso intenso quello di Mondo Beat, otto mesi che fecero storia: da Giuseppe Pinelli, che diede l'avvio della Rivista col ciclostile, a Giangiacomo Feltrinelli che scrisse l'articolo di fondo dell'ultimo numero. In quegli otto mesi a Mondo Beat furono formulate l'ideologia, la metodologia e la terminologia de La Contestazione, che é "azione nonviolenta di massa per l'affermazione dei diritti civili e per la salvaguardia dell'ambiente nell'era nucleare". I termini "contestare", "contestatore", "contestazione", vennero coniati, in questa nuova accezione, a conseguenza delle "diffide" e dei "fogli di via" che la questura di Milano "contestava" ai giovani di Mondo Beat che non erano residenti in città, per rispedirli ai loro luoghi di origine: a un certo punto i giovani di Mondo Beat si appesero il foglio della diffida al collo, come fece Alfio D'Agosta, e a Piazza del Duomo, tra i flash dei fotografi dei quotidiani "contestarono" la questura di Milano, finendo ovviamente in prigione: l'Istituto di correzione minorile Cesare Beccaria e il Carcere di San Vittore ne erano letteralmente intasati. Fu così che da "contestati" i giovani di Mondo Beat mutarono in "contestatori".
Ma a Mondo Beat non ci si impegnò solo in azioni mirate ad affermare i diritti civili, ma ci si impegnò pure a salvaguardia dell'ambiente e al recupero di opere del patrimonio universale, se é vero che i giovani di Mondo Beat furono i primi ad accorrere a Firenze, a dar soccorso dopo l'alluvione, e se é vero che sul loro esempio accorsero a Firenze centinaia di giovani da più parti d'Europa, non pochi dei quali si sarebbero poi integrati in quel "Movimento di Cittadini del Mondo" che fu appunto Mondo Beat. Se i giovani che accorsero a Firenze furono battezzati "angeli del fango" non fu perché avevano i capelli a spazzola e facevano il lavoro bestemmiando tra i denti, ma fu perché avevano lunghe chiome e una generosità inesauribile nel prodigarsi nel fango.
Che faceva intanto Fernanda Pivano? Niente. Qualche fumacchiata di hashish, forse, se é vero che Gianni Scarpelli, uno che frequentava assiduamente il suo salotto, finì in prigione, con grande risonanza sui giornali - il primo caso in Italia! - per consumo di hashsh: Fernanda Pivano finì pure con grande risonanza sui giornali, ma perché fece ottenere a Gianni Scarpelli, che non era pittore, il permesso di dipingere in cella (!).
In quegli otto mesi della sua storia Mondo Beat fu il crogiolo dei temi del rinnovamento della società italiana. Nella redazione della sua Rivista, detta "La Cava" per l'antico scantinato a volta che ne faceva parte, passarono i primi italiani ecologisti, divorzisti, abortisti, obiettori di coscienza al servizio militare obbligatorio, animalisti, macrobiotici, preti che invocavano il diritto al matrimonio, lesbiche e gay dichiarati. E passarono migliaia di giovani, numerosissime le ragazze, di ogni parte d'Italia e di tutte le estrazioni sociali. E passarono tanti giovani stranieri, numerosi i francesi che avrebbero poi propagato La Contestazione nel loro Paese. Il gruppo internazionale più intrinseco a Mondo Beat era formato da circa 400 giovani che facevano "contestazione globale", cioè si rifiutavano di vivere in famiglia, avevano abbandonato l'istituzione scolastica, non si piegavano al lavoro salariato. I loro volti sono immortalati nei quotidiani e nelle riviste d'epoca, ripresi durante tumultuose manifestazioni pubbliche, sit-in, scioperi della fame, denunce al tribunale di Milano contro la questura, contestazioni contro la questura stessa... La redazione di Mondo Beat poteva essere frequentata da chiunque, 24 ore su 24, perché La Cava era sempre aperta e chiunque vi poteva appoggiare il suo zaino in un guardaroba, senza pagare. A nessuno veniva chiesto di identificarsi, né veniva chiesto da dove arrivasse né dove stesse andando, e chiunque poteva restare a suo piacimento nel giro di Mondo Beat se ne rispettava e ne faceva rispettare le tre regole: no alla violenza, no al furto, no alle droghe (le prime due regole erano dettate da ragioni morali, la terza da motivi di sicurezza). Le strutture di Mondo Beat si reggevano economicamente con la Rivista, stampata in migliaia di copie (fino a dodicimila) che i giovani del Movimento vendevano per le strade di Milano e nelle scuole. Nella rivista Mondo Beat non c'erano inserzioni pubblicitarie di sorta. Costava 100 lire, di cui 25 andavano a chi la vendeva e 75 alla redazione. I conti li teneva Umberto Tiboni, uno dei tre fondatori, e i soldi venivano versati in una banca e quando se ne voleva prelevare, per pagare l'affitto della Cava o la tipografia che stampava la Rivista, occorrevano la firma di Tiboni e la mia apposte davanti al cassiere. Io ero quello che, oltre ai miei, selezionavo gli articoli degli altri e preparavo il menabò, ed ero anche il direttore responsabile della Rivista, regolarmente iscritto all'Albo e registrato in tribunale, e il proprietario della testata: ma non era un business, Signor Presidente, perché da sette pubblicazioni e un manifesto mi son venuti quattro sequestri e un processo. Mi dispiace non poterLe fare io stesso omaggio della mia "Storia documentata di Mondo Beat", pubblicata in appendice al libro "I viaggi di Mel" di Marco Philopat, Shake Edizioni, perché da 26 mesi, cioè da quando il Vaticano fallì l'ultima volta di farmi assassinare in Sicilia, vivo da esule, attualmente in Danimarca, ma La invito a prendere visione di quella storia, certo che la troverà interessante... E per concludere su Mondo Beat, il Movimento prese proporzioni nazionali e internazionali e fiumi d'inchiostro scorsero tutti i giorni sui quotidiani e fiumi sui settimanali, finché il Governo Moro, in coincidenza con la "Guerra dei 6 giorni", ordinò la distruzione della Tendopoli di Mondo Beat e fece requisire La Cava. Io presagii allora che non c'era più spazio in Italia per un movimento pacifista e decisi di sciogliere Mondo Beat, essendo caduta su di me la fatalità di dovere prendere decisioni, perché Vittorio Di Russo, uno dei tre fondatori, già da mesi si era ritirato dalla scena e Umberto Tiboni si trovava incarcerato a San Vittore, assieme agli elementi più di spicco del Movimento. Sciolsi Mondo Beat senza patemi, perché il suo modello, La Contestazione, era già stato collaudato a prova di globalizzazione. Ma i "collaboratori esterni" della Rivista, pubblicisti e giornalisti professionisti che negli ultimi tempi si erano avvicinati alla redazione, chiesero di potere dare alle stampe un ultimo numero ed io, convinto che la Rivista non più supportata dal Movimento fosse di nessuna valenza, non mi volli interessare personalmente di quell'ultimo numero e ne affidai la redazione a Gianni De Martino, un diciannovenne della provincia di Salerno che da poco era arrivato a Mondo Beat, il quale mi avrebbe poi seguito in Marocco e a Marrakech mi avrebbe attirato, assieme alla mia compagna svedese Gunilla Unger, in una casa di freak dove mi aspettavano quelli che mi avrebbero dovuto eliminare con una overdose di morfina - me che non mi ero mai bucato - perché in Italia si potesse dire all'opinione pubblica "Avete visto che fine ha fatto quel drogato del direttore di Mondo Beat?!" (di questo affare ho scritto, facendo nomi e cognomi, nel mio libro "Viaggi", Grasso Editore,1990, ma Gianni De Martino e un funzionario dell'Ambasciata d'Italia in Marocco, tale De Mattia, pure implicato nell'affare del mio tentato omicidio, non mi denunziarono per diffamazione, ma fallì la casa editrice Grasso di Bologna e il curatore fallimentare a mia insaputa fece incenerire migliaia di copie del mio libro!)... Nel 1997, trent'anni dopo i tempi di Mondo Beat, quando mi accingevo a pubblicarne la storia con l'Editrice Shake, pensai che sarebbe stato interessante avere alcune introduzioni ad essa, scritte da personaggi disparati di quell'epoca, e pensai di chiedere pure un'introduzione a Gianni De Martino, per liberarlo dal suo karma e recuperarlo a una sorta di fratellanza, e perciò gli consegnai il menabò del libro, note e foto, completo per le stampe, perché, prima di scrivere la sua introduzione, egli leggesse la storia di Mondo Beat, di cui sapeva ben poco, perché era arrivato verso la fine di essa. Che fece Gianni De Martino, mentre io ero andato a distendermi un paio di mesi in Madagascar? Pubblicò a spron battuto presso l'Editrice Castelvecchi la mia storia, stravolgendola e intitolandola "I capelloni", e firmandola col suo nome e con quello di tale Marco Grispigni, e in più concesse graziosamente a Fernanda Pivano il diritto di riprodurne le foto, cosa che quella fece prontamente (questa vicenda é largamente conosciuta). Ma Gianni De Martino é intoccabile, Signor Presidente, perché lavora per il Vaticano. Lei vuole che in Italia si metta in galera uno che lavori per il Vaticano?! E per giunta uno che fa lavori così delicati, come quello che Gianni De Martino fece a Marrakech?!... Non sarebbe giusto! Perché in Italia non si mette in galera manco un prete che sodomizzi il chierichetto nella navata centrale della chiesa durante la messa di Natale: lo si mette ai domiciliari, così che possa continuare comodamente...
E veniamo a Fernanda Pivano.
Ai tempi di Mondo Beat, quando i giovani del Movimento si battevano per i diritti civili, manifestando perché venisse abrogato il "Codice Rocco", ancora in vigore dai tempi del Fascismo, per cui a insindacabile giudizio della polizia si poteva privare della libertà di movimento un cittadino incensurato, contestandogli un foglio di via obbligatorio per il suo paese di residenza e diffidandolo dal soggiornare per 5 anni in Milano, pena un mese di carcere, poi tre se recidivo, poi sei... e quando i giovani del Movimento si impegnavano, come a Firenze, al recupero di parte del patrimonio culturale dell'umanità, allora essi erano per Fernanda Pivano "ragazzi di strada che facevano sottocultura". Poi, quando Mondo Beat fu disciolto e Melchiorre Gerbino si rimise a viaggiare per il mondo, allora Fernanda Pivano promosse tempestivamente, tra i giovanissimi delle scuole, tanti piccoli gruppi "Mondo Bit" e si precipitò a fondare la rivista "Pianeta Fresco", cui aderirono tante illustrissime firme, acciosiacosacchè si creasse un ponte tra la cultura della protesta della beat generation americana e la sottocultura dei ragazzi di strada italiani: peccato che, malgrado la grande pubblicità che gli accordarono i media, dopo due numeri Pianeta Fresco si trasformò in Pianeta Fiasco e ora pudicamente Fernanda Pivano non lo menziona più nella sua biografia. Poi, non vuoi che a casa sua intellettuali omosessuali si riunivano per fondare un movimento gay e Fernanda Pivano, con una folgorazione da genio, suggerì loro di chiamarlo F.U.O.R.I.!, come sta scritto in pubblicazioni autorevoli?! Veramente però "Fuori" era il titolo di due articoli, apparsi in due numeri consecutivi nella rivista Mondo Beat, scritti da Renè Vento, il primo gay italiano dichiarato... E intanto scriveva e parlava di "protesta" della beat generation americana, Fernanda Pivano, e citava Allen Ginsberg, che aveva detto (traduzione di Fernanda Pivano): "Di tutti i beatniks del mondo quelli che mi fanno più tenerezza sono quelli italiani, perché protestano per qualcosa che, nella migliore delle ipotesi, vedranno soltanto i loro figli" (notare bene che Allen Ginsberg diceva e Fernanda Pivano traduceva "protestano"). E poi, nel 1976, dieci anni dopo la fondazione di Mondo Beat, Fernanda Pivano non dava alle stampe, con la casa editrice Arcana, l'opera "C'era una volta un beat. 10 anni di ricerca alternativa"?! E che opera! I ragazzi di strada italiani che avevano fatto sottocultura, nella sua memoria avevano subito una metamorfosi ed erano ricordati come soggetti politici coscienti, grazie a lei che l' 1 Novembre 1966 a Verona aveva presentato Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino al compagno Bertani, che aveva spiegato loro il programma dello P.S.I.U.P. (Partito Socialista di Unione Proletaria)! E a riprova di ciò Fernanda Pivano riproduceva nel libro un fotomontaggio, così mal fatto che pure uno scemo si poteva accorgere che era un fotomontaggio, in cui l'immagine di Vittorio Di Russo e la mia erano inserite in un contesto di persone a me sconosciute, tra cui questo Bertani. In verità quell' 1 Novembre 1966, quando ancora noi di Mondo Beat e la Pivano "ci si annusava", eravamo stati a Verona a bere vino a casa dell'avvocato Donà, in una collina dell'Oltreadige, e Vittorio Di Russo, come può essere constatato nei registri del pronto soccorso dell'ospedale, dove io stesso lo accompagnai, aveva avuto un raptus etilico: altro che PSIUP!... Questo pubblicava Fernanda Pivano 10 anni dopo la fondazione di Mondo Beat. Poi, col passare ancora degli anni, Fernanda Pivano FINALMENTE CAPÌ che i testi che lei aveva tradotto e introdotto in Italia sulla protesta della beat generation americana storicamente non valevano un fico secco, perché in Italia e in Francia la storia l'aveva fatto La Contestazione! E allora che fece Fernanda Pivano?... Signor Presidente, provi a indovinare!... Ma fece una cosa semplice e geniale! Non scrisse più di "protesta" della beat generation americana ma cominciò a scrivere di "contestazione" della beat generation americana, contestazione che grazie a lei era stata poi portata in Italia!
MA DA DOVE HAI PORTATO LA CONTESTAZIONE, FERNANDA PIVANO, SE LA CONTESTAZIONE É NATA IN ITALIA?! Da dove l'hai portata tu, se La Contestazione é nata a Milano, a Mondo Beat, e l'ho tenuta a battesimo io?! Dall'America non potevi, perché il termine "contestation" non esiste in americano e in inglese nell'accezione con cui viene usato in italiano, tanto che ancor oggi, quando dall'italiano si deve tradurre "contestazione" in americano o in inglese, ci di deve ridurre al termine "protest"! Esiste in francese "La Contestation" perché La Contestazione da Milano si é propagata a Parigi!... La verità é che tu hai trafficato col sangue dei vivi perseguitati, quello di Melchiorre Gerbino, e con la memoria dei morti, quella di Giuseppe Pinelli, che é il volto simbolo de La Contestazione. Da 40 anni coi tuoi scritti, le tue ciarle, i tuoi audiovisivi, tu vai colando un liquame che inquina l'informazione e confonde la memoria, dato che a qualsiasi costo deve restare confusa la storia di Mondo Beat, e ciò perché la prima ondata di contestazione portò dentro San Pietro una femminista con un cartello "L'utero é mio e lo amministro io!", una seconda ondata travolgerebbe (e travolgerà) le mummie dei papi!
Colui che coniò il termine "beat" nell'accezione con cui viene usato per indicare la beat generation americana, Jack Kerouac, disse di te, come tu stessa riferisci in "C'era una volta un beat", Edizione Arcana 1976: "Una spia ebrea comunista". Per me non fa differenza che tu sia ebrea o turca, comunista o fascista, condivido il giudizio di Kerouac che tu sia una spia.
Colui che coniò il termine "contestazione" nell'accezione con cui viene usato contro il sistema, io, Melchiorre "Paolo" Gerbino, scrisse di te, in "Viaggi", Grasso Editore, 1990: "Una donnina subdola, vera kapo di provinciali italiani".
Ma figuriamoci se tu ti curassi di quello che poteva dire di te Kerouac o scrivere Gerbino! Tu hai proceduto senza soste, tra premi letterari e standing ovation, fino a pretendere ora di essere eletta senatore a vita.
Signor Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, io capisco bene che un presidente non può sottrarsi ai dettami della realpolitik, ma che anzi, a maggior ragione di altri, vi si deve adeguare. Quando Lei avrà insignito Fernanda Pivano senatore a vita, noi non ci strapperemo le vesti, perché ce le siamo già strappate quando il Vaticano fece eleggere Oscar Luigi Scalfaro presidente della Repubblica italiana, né ci sbellicheremo dalle risate alla vista di Fernanda Pivano sollevata a senatore, perché ci siamo già sbellicati quando fu eletto senatore il cavallo dell'imperatore Caligola.
Nel formulare auguri per il 2007 a Lei, Signor Presidente, e a quanti leggeranno questa lettera, sentitamente saluto
Melchiorre Gerbino
direttore di Mondo Beat e leader de La Contestazione

Copenhagen, 31 dicembre 2006


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