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Milano, 16 ottobre - 26 novembre 1966.
- Il Movimento Mondo Beat diventa realtà.
- Vittorio Di Russo diffidato dal soggiornare in Milano.
- Alluvione di Firenze: i giovani di Mondo Beat accorrono in salvataggio.
- Stampa del primo numero della rivista Mondo Beat.
- Vittorio Di Russo arrestato, maltrattato, incarcerato.


Vittorio Di Russo aveva avuto ragione a insistere perché nella denominazione del Movimento ci fosse il termine "beat", e difatti ai giovani sarebbe piaciuto molto il nome "Mondo Beat" ed essi avrebbero cominciato a farsi chiamare "beat".
Grande era la popolarità di Vittorio Di Russo tra i giovani, che accorrevano tutti intorno a lui quando egli appariva in Piazza Duomo. Egli era solito condurli a una sezione dei radicali, che a Piazza Duomo era vicina. Era l'unica sezione che i radicali avevano a Milano ed essi erano così pochi che li si sarebbe potuti contare tutti sulle dita delle due mani, ma Pietro Stoppani e Roberto Pieraccini, che dirigevano la sezione, erano intellettuali di vaglia e si erano resi conto di come Mondo Beat sarebbe andato lontano e perciò ci accoglievano con attenzione e mettevano a nostra disposizione le loro strutture. Anche gli anarchici della sezione Sacco e Vanzetti, che erano molto più numerosi dei radicali, ci avevano messo a disposizione le loro strutture, ma la loro sezione era troppo lontana da Piazza Duomo per essere raggiunta a piedi, e perciò venivano spesso a trovarci in centro i due più attivi di loro, Giuseppe Pino Pinelli e Gianoberto Pinky Gallieri. Mondo Beat era molto apprezzato dagli anarchici e dai radicali per come una cinquantina dei suoi giovani, tra cui molte ragazze, si radunavano a ogni richiamo e a tempo indeterminato. Mondo Beat era un fenomeno senza precedenti, perché i suoi giovani si erano liberati dai vincoli della famiglia, avevano abbandonato la scuola e si negavano al lavoro salariato. Si trattava di veri rivoluzionari. Anarchici e radicali conducevano quasi tutti una vita di routine e potevano incontrarsi solo nel tempo libero. E perciò essi avevano grande ammirazione di Mondo Beat e ci corteggiavano perché inscenassimo assieme a loro manifestazioni pubbliche.

Melchiorre Gerbino e Gunilla Unger intanto avrebbero partecipato assiduamente alle feste notturne, per incontrarci studenti universitari e i molti giovani scappati di casa. Solitamente in queste feste gruppetti di giovanissimi facevano l’amore qua e là, tra l’indifferenza degli altri. Erano ragazze che attiravano i ragazzi imbranati e li iniziavano al sesso con una sorta d’impegno missionario. Penso che fenomeni di questo genere si manifestino nei cambiamenti epocali, quando le donne si appassionano più al gruppo che non a singoli compagni.
Prima delle feste ci si recava talvolta a casa di Fernanda Pivano, una traduttrice di scrittori americani molto celebrata dalla stampa di regime. Nella sua casa di Corso Manzoni, che fungeva pure da salotto letterario, essa riceveva giovani col proposito di pubblicare una raccolta di loro scritti di protesta. Ma si capiva che gli andirivieni avevano innanzitutto lo scopo di creare risonanza al lancio editoriale di scrittori della Beat Generation, di cui Fernanda Pivano traduceva le opere. A Melchiorre Gerbino non piacque Fernanda Pivano dalla prima volta che la incontrò, perché essa minimizzava sull'importanza del Movimento Provo olandese e ignorava Mario Savio e il Free Speech Movement, mentre drammatizzava l'epopea della Beat Generation, una generazione più vecchia della nostra. Senza nulla volere togliere alla grandezza letteraria e alla simpatia di certi personaggi della Beat Generation, volerla mitizzare tutta e proporla continuamente, come faceva Fernanda Pivano, era operazione imbastita a irretire provinciali italiani per farli rammollire con vane mode d'oltreoceano, oltre che sfruttarli economicamente. A Mondo Beat noi eravamo chiamati a fare uscire i provinciali italiani dall'ombra dei campanili e dagli steccati parrocchiali e farli impegnare nell'affermazione dei diritti civili nel nostro Paese. Vittorio Di Russo, cui esprimevo queste mie considerazioni, era d'accordo con me, ma credeva che frequentare Fernanda Pivano e il suo salotto letterario fosse utile a Mondo Beat, mentre io mi sentivo a disagio in quel salotto, come fossi stato in trappola, e il tempo mi avrebbe dato ragione, perché Fernanda Pivano si sarebbe rivelata agente della CIA e collaboratrice della Questura di Milano, come vedremo appresso.

Intanto il Movimento Mondo Beat s’ingrossava e sempre più ragazze vi partecipavano, perché piaceva il fair play con cui i ragazzi le trattavano. E però s'intensificavano pure le retate della polizia e dei carabinieri e sempre più giovani venivano arrestati e condannati a un mese di prigione per non avere ottemperato alle diffide e ai fogli di via. Quelli di essi che avevano compiuto i 18 anni venivano imprigionati nel carcere San Vittore, i minorenni maschi nell'istituto Cesare Beccaria, le minorenni femmine nell'istituto Maria di Nazareth. E proprio mentre si andava facendo più accanita la caccia poliziesca, Vittorio Di Russo cominciava a dare segni di smarrimento. Di giorno si aggirava senza meta per il centro di Milano e la notte dormiva dove gli capitava, invece di venire nell’appartamento di Gunilla Unger e Melchiorre Gerbino, di cui gli erano state fornite le chiavi e messa a disposizione una stanza, appartamento facile da raggiungere, perché poco distante da una stazione di metropolitana. Vittorio Di Russo ci aveva dormito fin dal suo arrivo a Milano, ma non più in quello scorcio di fine ottobre, quando più accanita s'era fatta la caccia poliziesca a quelli di Mondo Beat. E ad aggravare le preoccupazioni di Melchiorre Gerbino, Vittorio Di Russo non aveva voluto trovarsi una copertura, vedi un certificato fittizio di impiego, a evitare di essere diffidato dalla Questura per vagabondaggio, essendo egli erroneamente convinto che la polizia non lo avrebbe arrestato perché personaggio noto. Melchiorre Gerbino avrebbe insistito vivamente perché egli si trovasse una copertura, ma ogni volta che gliene avrebbe parlato la reazione di Vittorio Di Russo sarebbe stata di stizza. E così Melchiorre Gerbino avrebbe desistito dall'insistere, ma con la morte nel cuore, consapevole di come Vittorio Di Russo sarebbe incorso in guai irreparabili. Melchiorre Gerbino si era invece recato dall'avvocato Pisano, un amico italo-americano di suo padre, nel cui studio legale Gunilla Unger lavorava come segretaria, e aveva chiesto all'avvocato Pisano che lo aiutasse a trovare un impiego in Milano, e l'avvocato Pisano, che nulla sapeva di Mondo Beat, gli aveva promesso che se ne sarebbe interessato.

Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino si erano conosciuti nel 1963 a Stoccolma. La loro sarebbe stata una fratellanza anarchica che avrebbe resistito a ogni avversità
Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino a fine ottobre del 1966 a Milano.

Col trascorrere dei giorni, si sarebbe manifestata sempre di più la precarietà della salute di Vittorio Di Russo. Il 1º novembre, a casa dell’avvocato Donà a Verona, dove Melchiorre Gerbino e Vittorio Di Russo eravano andati in compagnia di Fernanda Pivano e Gianni Milano, Vittorio Di Russo avrebbe avuto una grave crisi paranoica. Non avevamo assunto stupefacenti né alcunché di eccitante, solo bevuto buon vino in un'atmosfera distesa. La crisi di Vittorio si sarebbe acutizzata al pronto soccorso dell’ospedale di Verona, dove Melchiorre Gerbino lo avrebbe accompagnato, e avrebbe mandato in paranoia il medico che avrebbe dovuto sedarla, tanto che Melchiorre Gerbino avrebbe dovuto infine calmarli entrambi, Vittorio e medico.

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E qui vale la pena aprire una parentesi, perché da quell'essere stati a Verona il 1º novembre 1966, Fernanda Pivano avrebbe creato un imbroglio a conseguenza del quale sarebbe stato poi provato come lei fosse agente della CIA.
E difatti parecchi anni dopo essere stati noi a Verona, Fernanda Pivano avrebbe pubblicato un libro, "C'era una volta un beat", in cui veniva prodotto un fotomontaggio a mostrare come quel 1º novembre 1966 noi fossimo stati a Verona a casa di tale Giorgio Bertani (e non a casa dell'avvocato Donà, dove eravamo veramente stati). Il fotomontaggio sarebbe servito a mostrare come Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino fossero stati allora indottrinati da questo Giorgio Bertani sul programma dello PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria), un partito marxista radicale, cui si lasciava intendere che Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino avevano aderito. Nel fotomontaggio le immagini di Vittorio Di Russo e di Melchiorre Paolo Gerbino venivano inserite tra quelle di persone a loro sconosciute, tra le quali lo stesso Giorgio Bertani.
Ma, a parte il fotomontaggio, così mal fatto che pure uno scemo si può rendere conto di come si tratti di un fotomontaggio, è la didascalia di esso che prova come Fernanda Pivano sia stata agente della CIA, dato che la CIA stessa, alcuni anni dopo la pubblicazione di "C'era una volta un beat" avrebbe reso noto come lo PSIUP era stato da essa Agenzia creato e gestito allo scopo di sfaldare l'unione politica tra due partiti socialisti, PSI (Partito Socialista Italiano) e PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano) allora facenti parte di una coalizione governativa in Italia.

Fernanda Pivano, "C'era una volta un beat", Arcana Editrice, edizione 1988, pagina 97
Con un fotomontaggio Fernanda Pivano faceva pubblicità a un partito politico italiano creato e gestito dalla CIA.

La svergognata Fernanda Pivano
Fernanda Pivano, agente della CIA.

E dunque Fernanda Pivano con questo fotomontaggio e relativa didascalia si era riproposta un doppio scopo: per un verso degradare la storia di Mondo Beat, avendo mostrato come i suoi due più carismatici personaggi fossero stati comunisti (quando invece erano anarchici) e per altro verso invogliare i provinciali italiani a votare alle elezioni per lo PSIUP, per consegnare così i loro voti alla gestione della CIA.

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E tornando alla ricostruzione cronologica della storia di Mondo Beat e ancora a Vittorio Di Russo, egli il 2 novembre avrebbe avuto un’altra crisi paranoica, e proprio nel salotto letterario di Fernanda Pivano.
A lei era stato chiesto di scrivere l’articolo di fondo per il primo numero della rivista Mondo Beat. Questa idea era venuta a Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino l'aveva osteggiata perché lui stesso avrebbe voluto scrivere quell'articolo. Ma alla fine Melchiorre Gerbino aveva dovuto cedere, perché sembrava che volesse scrivere lui quell'articolo per esibizionismo e non perché non gli piaceva l'approccio di Fernanda Pivano verso Mondo Beat. E perciò Melchiorre Gerbino stesso si era recato da Fernanda Pivano e le aveva chiesto di scrivere l'articolo e lei non ci aveva pensato due volte, presa carta e penna si sarebbe lasciata andare di getto: "Io non conosco questi giovani di Mondo Beat, ma come quando noi stessi eravamo giovani e se a Torino arrivava un gerarca fascista noi venivamo controllati dalla polizia...". La tortura cui Melchiorre Gerbino sarebbe stato sottoposto non sarebbe durata più di dieci minuti, perché Fernanda Pivano era oberata di lavoro e non poteva concedere più di tanto. Appena fuori dall'appartamento di lei, Melchiorre Gerbino avrebbe appallottolato lo storico documento e sul marciapiede di Corso Manzoni lo avrebbe cacciato dentro un cestino della spazzatura, proprio mentre arrivava Vittorio Di Russo, che lo avrebbe raccattato e letto. E allora egli si sarebbe imbestialito e salite di corsa le scale ed entrato nel salotto letterario avrebbe puntato, tra lo stupore di una mezza dozzina di astanti, verso Fernanda Pivano - "Attenta, Nanda, perché io t’incorno!... Stai attenta, perché io t’incorno!"- e andava facendo col capo una sorta di movimento taurino. Ma allora da una poltrona in ombra si sarebbe levata la figura massiccia del marito di Fernanda Pivano, architetto Ettore Sottsass, che con alti accenti avrebbe prorotto in un monologo minaccioso, mentre Melchiorre Gerbino si sarebbe defilato, e per sempre, da quel salotto letterario.

Tornando a Vittorio Di Russo, nella notte tra il 3 e il 4 novembre i carabinieri lo avrebbero trovato che dormiva per terra, assieme a tre beats, in un angolo del pianterreno della stazione di metropolitana Duomo. I quattro venivano condotti in Questura e a Vittorio Di Russo veniva ingiunta una diffida dal soggiornare in Milano per un periodo di 5 anni e un foglio di via obbligatorio verso il suo comune di residenza nel Lazio.

A Vittorio Di Russo veniva ingiunta una diffida dal soggiornare in Milano per un periodo di 5 anni.
Vittorio Di Russo diffidato dal soggiornare in Milano. (Il Giorno - 4 novembre 1966)

Il 4 novembre ricorrevano le celebrazioni delle Forze armate italiane e a Milano gruppi di pacifisti inscenavano qua e là manifestazioni antimilitariste e per non farsi arrestare dalla polizia a tratti si disperdevano tra la folla che assisteva a una parata militare. Tra gli attivisti c'erano Umberto Tiboni e Melchiorre Gerbino, che vivevano ore nere a causa di Vittorio Di Russo, di cui si era appresa la notizia della diffida dai giornali, e a causa della decimazione che stava subendo il Movimento Mondo Beat per le continue retate di carabinieri e polizia, quando sarebbe corsa voce che l’Arno aveva rotto gli argini e aveva allagato Firenze.
Questo tragico evento avrebbe offerto ai giovani di Mondo Beat l'opportunità di accorrere a Firenze al salvataggio di documenti e di opere d'arte di un patrimonio di appartenenza universale e di sottrarsi alla caccia all'uomo cui erano soggetti a Milano. E così Umberto Tiboni e Melchiorre Gerbino avrebbero sollecitato i giovani di Mondo Beat, che erano allora circa duecento, ad accorrere in massa a Firenze, dove sarebbero arrivati tra i primi soccorritori. Per le lunghe chiome e per la generosità con cui si sarebbero prodigati, la stampa li avrebbe battezzati angeli del fango e alla vista delle loro foto, pubblicate da quotidiani italiani e d’oltralpe, centinaia di altri giovani sarebbero accorsi tempestivamente a Firenze, da tutta Italia e da più parti d’Europa, e pure statunitensi, canadesi, australiani, che stavano visitando il Vecchio Continente.

Alluvione di Firenze. I giovani di Mondo Beat al soccorso di un patrimonio d'arte e di cultura di appartenenza universale
Colonne di giovani a Firenze per aiutare la città a rivivere.

I giovani di Mondo Beat e quelli di altri paesi fraternizzano nel soccorrere Firenze e Mondo Beat diventa un movimento internazionale
Giovani e stranieri fanno catena per strappare al fango opere preziose

In quei giorni del novembre 1966, quando tanti giovani di Mondo Beat si sarebbero impegnati a Firenze, il Movimento avrebbe scritto la pagina più nobile della sua storia, e a partire da lì si sarebbe sviluppato in un movimento internazionale, perché i giovani di Mondo Beat avrebbero fraternizzato con giovani di altri paesi e non pochi di quei giovani stranieri sarebbero poi venuti a Milano e avrebbero partecipato al Movimento e perciò di Mondo Beat si sarebbe detto "Movimento di Cittadini del Mondo" e di Milano "Capitale d’Europa".

Nota. Nessuno dei governi italiani che si sono susseguiti dal tempo dell'Alluvione di Firenze a oggi, tutti condizionati come sono stati dal Vaticano, ha riconosciuto come siano stati i giovani di Mondo Beat a salvare il patrimonio culturale di Firenze, benché all'epoca fosse risaputo da tutti. L'editore Giangiacomo Feltrinelli ne avrebbe scritto a chiare lettere

Giangiacomo Feltrinelli faceva testimonianza di come fossero stati i giovani di Mondo Beat a prodigarsi a Firenze dopo l’alluvione del novembre 1966.
Stralcio dall'articolo Lo sciopero è riuscito di Giangiacomo Feltrinelli (Gigi Effe), pubblicato in copertina del settimo numero della rivista Mondo Beat (Mondo Beat N. 5).

E tornando alla ricostruzione cronologica della storia di Mondo Beat, domenica 6 novembre 1966, Umberto Tiboni e Melchiorre Gerbino, che per forza di cose non erano potuti andare a Firenze ma erano rimasti a Milano, venivano discretamente informati di come Vittorio Di Russo vi si nascondesse. Arrivava loro un articolo perché lo si pubblicasse nel numero in preparazione della rivista Mondo Beat. L'articolo era di Ivo della Savia, un giovane anarchico renitente al servizio militare obbligatorio, che viveva in clandestinità. Il ragazzo che aveva consegnato l’articolo, Scheletrino, aveva detto che esso veniva inviato da Vittorio Di Russo, ma sulla busta che lo conteneva era scritto "da parte di Pino" e Pino era Giuseppe Pinelli, il fiduciario della sezione anarchica Sacco e Vanzetti, che così ci faceva intendere di come Vittorio Di Russo si nascondesse tra gli anarchici.

Dal 9 novembre non avrei più avuto problemi con la polizia, ove fossi stato fermato, perché venivo assunto dalla compagnia aerea Alitalia al booking telefonico all’aeroporto di Linate. Questo, grazie all’interessamento dell’avvocato Pisano, l'amico italo-americano di mio padre. Questo impiego, che sarebbe stato un sogno per molti, per me sarebbe stato un martirio, oltretutto perché ero oberato di lavoro a preparare il primo numero della rivista Mondo Beat, dovendo selezionare gli articoli da pubblicare, stendere i miei, battere il tutto a macchina su matrici di ciclostile, e a questo mi sarei dovuto dedicare le sere, appena tornato dal lavoro, e fino a notte fonda.

E finalmente il grande evento!
Nel tardo pomeriggio di sabato 12 novembre, nel locale seminterrato della sezione anarchica Sacco e Vanzetti ci predisponevamo a stampare il primo numero della rivista Mondo Beat.
Giuseppe Pinelli aveva approntato risme di carta a un tavolo di appoggio a un ciclostile a manovella, aveva aperto un tubo d'inchiostro e aveva inchiostrato il rullo del ciclostile, aveva applicato la prima matrice, dopo averla ben tesa, perché non facesse pieghe. "Vado!" - disse.
Truccate per l'occasione, Gunilla Unger e Carmen Russo nell'assordante baccano, mentre Gennaro De Miranda, Umberto Tiboni, Melchiorre Gerbino, predisposti attorno a Giuseppe Pinelli, avrebbero preso al volo i fogli che uscivano da sotto il rullo del ciclostile per stenderli ad asciugare. I fogli da stampare settemila, prima da un lato e poi dall’altro, per ottenere mille copie del numero.
A notte fonda arrivava Vittorio Di Russo, condotto da qualcuno che lo avrebbe atteso in macchina. Vittorio sarebbe restato con noi il tempo di bere un bicchiere di vino. Gli altri avremmo finito il lavoro il giorno seguente col sole alto.

Il 14 novembre sera, Gunilla Unger e Melchiorre Gerbino nel loro appartamento selezionavano, collazionavano e spillavano le copie della rivista. Delle 1.000 copie che avremmo voluto realizzare, solo 860 sarebbero risultate leggibili, e tante ne sarebbero state messe in circolazione. Purtroppo, quando Melchiorre Gerbino aveva battuto a macchina le matrici di ciclostile, lavoro che non avevo mai fatto prima, aveva esagerato con la forza che aveva impresso sui tasti, causando lacerazioni nelle matrici da cui, mano a mano che si sarebbe proceduti con la stampa, sarebbe scorso sempre più inchiostro, tanto che avrebbe finito per macchiare le pagine.
La sera dello stesso giorno 14, Melchiorre Gerbino avrebbe portato 100 copie del numero a Giuseppe Pinelli, perché le distribuisse gratuitamente tra gli anarchici della Sacco e Vanzetti, che avevano offerto la carta per la stampa, e parte ne desse a Vittorio Di Russo.

A partire dal 15 novembre, le copie di Mondo Beat venivano vendute da giovani residenti a Milano, cui la polizia non poteva ingiungere diffida e foglio di via. La copia costava Lire 100, di cui 25 andavano a chi la vendeva e 75 alla redazione. Dei conti si sarebbe preso cura Umberto Tiboni.

Il 19 novembre Vittorio Di Russo lasciava il suo nascondiglio e andava a vendere copie di Mondo Beat nei sottopassaggi della stazione di metropolitana Cordusio. Veniva allora arrestato da due poliziotti in borghese. Rinchiuso durante una settimana nelle segrete della Questura, avrebbe subito percosse e torture mentali, poi sarebbe stato tradotto in tribunale, condannato a un mese di galera, imprigionato nel carcere San Vittore

Vittorio Di Russo rinchiuso illegalmente durante una settimana nelle segrete della Questura di Milano. Il massimo che la legge consentiva, 'per accertamenti', era un fermo di 3 giorni
Vittorio Di Russo arrestato, maltrattato, incarcerato.


Storia di Mondo Beat. Capitolo 3