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I fondatori di Mondo Beat


Vittorio Di Russo
Deportato con un volo Amsterdam-Milano, Vittorio Di Russo sbarcò all’aeroporto di Linate il 12 ottobre 1966. Due giorni prima era incappato in una retata di provos a Amsterdam e dalla polizia gli era stato ingiunto di lasciare l’Olanda nel lasso di 48 ore. Egli si era recato allora al Consolato d’Italia per chiedere assistenza e lì, in un momento di frenesia, aveva strappato il suo passaporto. Al che era stato arrestato e deportato.
Vittorio Di Russo era personaggio pittoresco e il cronista del Corriere della Sera assegnato alla Questura di Milano, dove Vittorio Di Russo fu condotto per la trascrizione degli atti della deportazione, non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di scrivere di lui in un articolo e pubblicare una sua foto. Ma quello che quel cronista avrebbe scritto sarebbe stato frutto di fantasia, perché, per non riferire che Vittorio Di Russo aveva strappato il passaporto nel Consolato d’Italia ad Amsterdam, avrebbe scritto che l’aveva strappato sull'aereo con cui era arrivato.

Vittorio Di Russo preso in una retata di provos in Olanda e deportato in Italia
Vittorio Di Russo deportato da Amsterdam a Milano.

Dopo la pubblicazione di questo articolo del Corriere della Sera, la foto di Vittorio Di Russo sarebbe rimbalzata da una pubblicazione all'altra e della di lui fantasiosa distruzione del passaporto sull'aereo avrebbero letto centinaia di migliaia di persone. Vittorio Di Russo, da sconosciuto che era stato, sarebbe diventato d'immediato un personaggio famoso.
Melchiorre Gerbino, che si trovava a Milano, avendo letto pure lui di Vittorio Di Russo, il giorno dopo il suo arrivo si mise a cercarlo e, giunto in Piazza Duomo, se lo vide venire incontro, circondato da una ventina di capelloni, quelli che allora si aggiravano nel centro della città, che Vittorio Di Russo aveva già catalizzati tutti.
Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino erano legati da un rapporto di fratellanza anarchica, instaurato a Stoccolma alcuni anni prima che si rincontrassero a Milano. Quando si rincontrarono a Milano, si dissero di sì con un cenno del capo e due giorni dopo fondarono Mondo Beat.
Intanto, in quei due giorni precedenti la fondazione di Mondo Beat, Vittorio Di Russo avrebbe allacciato raccordi con Giuseppe Pinelli e gli anarchici, con Pietro Stoppani e i radicali, con Carlo Masi e gli studenti universitari e avrebbe attirato a sé ragazzi e ragazze scappati di casa che si aggiravano senza meta nel centro della città.

Vittorio Di Russo, 1 dei 3 fondatori di Mondo Beat
Vittorio Di Russo (foto AGI - Il Giorno)

Vittorio Di Russo, nato a Scauri di Minturno (Lazio) il 12 agosto 1936.
Sedicenne si era arruolato nella marina militare. Dopo due anni di servizio aveva disertato ed era espatriato clandestinamente in Corsica, dove per alcuni mesi aveva vissuto su impervie montagne. Infine aveva ottenuto un regolare passaporto italiano e aveva viaggiato per l’Europa.
Vittorio Di Russo aveva carisma di capopopolo, e però era di carattere impulsivo e talvolta si spingeva, e trascinava altri, in situazioni critiche, ma se richiamato ai dettami della Ragione egli vi obbediva con candore, perché era uomo onesto e vero anarchico.
Si esprimeva con un linguaggio scarno e lineare. Parlava fluentemente italiano, francese, tedesco. Di professione era scultore.


Umberto Tiboni
Chi non sapeva chi fosse Umberto Tiboni, mai avrebbe potuto immaginare, al vederlo, che egli era uno dei personaggi più radicali della Contestazione. Né egli faceva alcunché per apparirlo: al contrario, non scriveva articoli per la rivista Mondo Beat ed era di una tale discrezione che mai fotoreporter riuscì a coglierlo con uno scatto nella sede di Mondo Beat.
A tanti che hanno scritto della storia di Mondo Beat è parso perciò come se egli sia stato un personaggio trascurabile nella narrativa di essa. Alcuni non lo hanno nemmeno citato.
E invece egli fu personaggio di grandissima rilevanza per la nascita e la propagazione della Contestazione, perché non ci furono decisioni prese a Mondo Beat in cui la sua parte non sarebbe stata determinante. E si sarebbe trattato di decidere d'intraprendere azioni eccezionali, rivoluzionarie, come la Manifestazione di Contestazione del Sistema, che nel centro di Milano avrebbe paralizzato il traffico serale durante due ore di punta di un giorno lavorativo, o la creazione della tendopoli Barbonia City, dove fu innescata una rivoluzione sessuale che avrebbe cambiato i costumi della società italiana.
Incaricato di trovare una sede per il Movimento Mondo Beat, Umberto Tiboni avrebbe localizzato quella che sarebbe stata la celeberrima Cava, dove il Movimento si sarebbe caratterizzato dei tratti underground che lo connotarono e che esercitarono un richiamo che i giovani avrebbero sentito fin nelle più lontane periferie del Paese.
E ancora, l'impeccabile gestione della Cava da parte di Umberto Tiboni sarebbe stata garanzia di sicurezza per Mondo Beat, perché per il rispetto che egli incuteva nella Cava non si sarebbero mai verificati atti di violenza né illegalità di sorta. E non era cosa facile gestire la Cava, perché era aperta 24 ore al giorno e chiunque vi poteva accedere senza dover pagare né doversi identificare e ci poteva restare a suo piacimento.

Umberto Tiboni, 1 dei 3 fondatori di Mondo Beat
Umberto Tiboni (foto Agenzia Franco Sapi)

Umberto Tiboni, nato a Sesto San Giovanni (Lombardia) il 19 febbraio 1941.
Di professione perito industriale, Umberto Tiboni vestiva casual. Ai tempi di Mondo Beat non aveva ancora intrapreso viaggi. Capiva abbastanza inglese e francese, fluentemente parlava solo italiano.


Melchiorre Paolo Gerbino
Per confondere la memoria di Mondo Beat, su Melchiorre Gerbino, che è stato alla testa delle manifestazioni pubbliche del Movimento, direttore della rivista Mondo Beat, leader della tendopoli Barbonia City, sono state propinate tutta sorta di meschinità. Andrea Valcarenghi nel suo libro "Underground: a pugno chiuso!" avrebbe asserito che Melchiorre Gerbino vendette la testata della rivista "Mondo Beat" all'editore Giangiacomo Feltrinelli e scappò coi soldi. E per inquadrare Melchiorre Gerbino nella luce di un drogato, nel libro "I viaggi di Mel", di Marco Philopat, gli si sarebbero fatte dire e fare cose che non ha mai detto né fatto. E per inquadrarlo nella luce di un opportunista è stato girato un film, che più cretino non si poteva, "Il Profeta", con Vittorio Gassman che interpretava Melchiorre Gerbino che per sottrarsi al suo percorso di contestatore nel 1968 apriva un ristorante! E per ridicolizzarlo all'estremo, nel film Satyricon di Federico Fellini lo si faceva combattere contro un Minotauro e gli si faceva dire "Risparmiami! Io sono solo un povero studente!" e da lì una tiritera di scene come io fossi stato un impotente, graziato dalla pietà del Papa Paolo VI e avviato in Marocco perché io mi riabilitassi con vicende amorose da mille e una notte, quando in Marocco io ero andato dopo i tempi di Mondo Beat a scrivere un libro e lì sarei stato intrappolato dai servizi segreti italiani, coadiuvati da quelli marocchini e americani, e tenuto prigioniero 3 giorni in una casa di Marrakech e 3 giorni in una prigione di Casablanca: scampai alla morte perché non avrebbero potuto eliminarmi alla chetichella, ma dopo quello che subii in quei 6 giorni mi ci sarebbero voluti anni per recuperare equilibri e orientamenti. E questa trivializzazione della figura di Melchiorre Gerbino continua a tutt'oggi, perché sugli Anni 60 vengono prodotti scritti, saggi, documentari, dove la sua figura viene ignorata o banalizzata. Lo scopo ultimo di questa strategia di disinformazione è di banalizzare, stravolgere, negare, la storia della Contestazione, cui la storia personale di Melchiorre Gerbino è così intrinseca che l'una non può essere estrapolata dall'altra. Dietro a tutto ciò, i monsignori del Vaticano, che hanno pure tentato in tutti i modi di avere Melchiorre Gerbino morto ammazzato.
Come mai tanto accanimento?
Giustamente.
Perché Melchiorre Gerbino non ha mai voluto rinnegare il suo passato, ma ci si è sempre di più radicalizzato e perciò i monsignori del Vaticano si affannano acché le generazioni italiane posteriori a quella degli Anni 60 non conoscano la vera storia di Mondo Beat, perché, a conoscerla, i giovani di oggi potrebbero esserne ispirati e sollevare una nuova ondata di Contestazione da cui il Vaticano verrebbe travolto.

Melchiorre  Gerbino, 1 dei 3 fondatori di Mondo Beat
Melchiorre Paolo Gerbino (foto Agenzia Franco Sapi)

Melchiorre Gerbino, nato a Calatafimi (Sicilia) il 30 agosto 1939.
La prima ragazza svedese con la quale feci all’amore, mentre lo facevamo mi chiamò col nome di un altro: "Paolo". Io allora, nel 1961, ero esistenzialista e mi tenni il "Paolo". Con questo nome mi avrebbe conosciuto Vittorio Di Russo a Stoccolma. Quando Vittorio mi rincontrò a Milano, la prima cosa che disse fu "Paolo" e così mi sarei chiamato a Mondo Beat.
Ai tempi di Mondo Beat, parlavo bene francese e svedese, discretamente inglese e spagnolo. A scuola avevo studiato latino e greco, ma svogliatamente, perché odiavo il sistema d’insegnamento della scuola italiana e la contestavo ante litteram. Ciò mi costò 10 elettroshock, quando avevo 16 anni. Non appena mi ripresi, rincarai la dose. In terza liceo mi presentavo in classe senza libri scolastici ma con quotidiani; avevo interdetto la professoressa di lettere dall’interrogarmi perché mi irritavano le sue domande per la maniera con cui me le poneva; davo del "tu" al preside che mi dava del "tu". Essendo evidente come il mio intento fosse quello di farmi espellere da tutte le scuole della Repubblica, il preside non mi espulse e così, a un certo punto, dovetti abbandonare io stesso gli studi: con grande rammarico del preside, del corpo docente e degli studenti, che si sentirono orfani della mia presenza e a più riprese mandarono messi perché io tornassi!


Gunilla Unger
Tre anni prima della fondazione di Mondo Beat, Gunilla Unger e Melchiorre Gerbino s'erano conosciuti a Gamla Stan, la Città Vecchia di Stoccolma, il giorno in cui lei compiva 18 anni; lui ne aveva 23 e viveva a Stoccolma da 2.
Trasformati in club, nella Città Vecchia di Stoccolma, a poca distanza dal Palazzo Reale, c’erano alcuni scantinati che nel Medioevo erano stati granai e ripostigli di case di aristocratici. Frequentati da giovani viaggiatori di diversi paesi, e tra di loro i primi che intraprendevano giri del mondo, e da ragazze svedesi che parlavano fluentemente almeno tre lingue, per entrare in questi locali si pagava pochissimo e se si voleva bere una cocacola bisognava uscire e andarsela a cercare in qualche automatico. Vi si ballava jazz, talvolta dal vivo, quando musicisti afroamericani, che in quel tempo solo in Svezia non incontravano ostilità razziste se si intrattenevano con donne bianche, venivano a suonarci per il piacere che procurava loro l’acustica di quei sotterranei. Vi si allacciavano amicizie tra giovani di diverse culture. Vi si amoreggiava. Poteva succedere che ti trovavi due ragazze, una seduta su una gamba e l'altra sull'altra, e mentre sbaciucchiavi un po' l'una e un po' l’altra, t'intrattenevi a parlare con un australiano, un giovane professore di storia della filosofia, che era arrivato a Stoccolma avendo fatto tutta la strada in autostop da Singapore, il quale ti forniva informazioni su luoghi del mondo che non avevi ancora visitato.
Così era stato l’underground di Gunilla Unger e Melchiorre Gerbino prima dei tempi di Mondo Beat.
Mondo Beat, per l'imprinting provo che gli diede Vittorio Di Russo, fu subito tenuto sotto pressione da servizi segreti, carabinieri e polizia, che tendevano retate ai ragazzi e alle ragazze che frequentavano Piazza Duomo e i sottopassaggi della stazione di metropolitana di Piazza Cordusio. Quelli che incappavano nelle retate, se non avevano residenza legale in Milano, venivano diffidati dal soggiornarvi per una durata di 5 anni e avviati con un "foglio di via obbligatorio" ai loro luoghi di residenza, pena un mese di carcere se non ottemperavano all’ingiunzione e venivano arrestati ancora a Milano. Ciò avrebbe creato nel gruppo uno stato di tensione, di cui ci si liberava in feste notturne a casa di gente che disponeva di grandi spazi. In una di queste feste, una delle prime, Melchiorre Gerbino si trovò Gunilla Unger seduta su una gamba e Carmen Russo sull’altra. Avvenne allora che a un certo punto tutti i ragazzi e le ragazze si spogliarono, eccentricamente, e parteciparono a una sorta di cerimonia di amore di gruppo, che non fu né ostentata né volgare, ma in qualche modo ieratica, alla quale Carmen Russo, Gunilla Unger e Melchiorre Gerbino avrebbero assistito con il dovuto distacco.
Certo è che se Gunilla Unger, ch’era la moglie di Melchiorre Gerbino, si fosse ingelosita di Carmen Russo e si fosse alzata stizzita dalla di lui gamba, egli non avrebbe mai scritto la storia di Mondo Beat, perché il Movimento non sarebbe esistito, dato che si sarebbe caratterizzato proprio dello spontaneismo sessuale che caratterizza le rivoluzioni vere.
In un’epoca in cui in Italia imperversava il gallismo, a Mondo Beat non ci sarebbe stato nessuno che "aveva una donna", né ci sarebbe stato alcuno che "non aveva una donna", che se lo stesso Giacomo Leopardi fosse passato da Mondo Beat, con Silvia ci avrebbe fatto l’amore pure lui, invece d’infastidirla con tediose poesie.
Né a Mondo Beat si ricorda un solo episodio di gelosia, ma sempre storie belle tra giovani, e ciò sa di incredibile, se si pensa all’intreccio delle situazioni umane e al fatto che mai a nessuno fu chiesto di identificarsi, né di dire da dove venisse, né dove stesse andando.
Certo è che senza Gunilla Unger, che fu il riferimento delle prime ragazze che aderirono a Mondo Beat, e le ragazze di Mondo Beat sarebbero state numerosissime, il Movimento non si sarebbe caratterizzato con quel fair play di stile scandinavo che tanto fascino esercitò sulla gioventù italiana. Né i ragazzi e le ragazze di Mondo Beat senza la fratellanza sessuale che li accomunava sarebbero stati capaci d’inscenare manifestazioni che paralizzavano il cuore di Milano, durante le quali si poteva finire in una lettiga con due costole rotte dalla polizia.
Gunilla Unger non fu presente al momento della fondazione del Movimento Mondo Beat, ma la sua figura fu così fondamentale nella storia di Mondo Beat, che gioco forza sia annoverata tra i fondatori.

Gunilla Unger fu il riferimento delle prime ragazze che aderirono al Movimento Mondo Beat
Gunilla Unger (foto AGI - Il Giorno)

Gunilla Unger, nata a Solna (Stoccolma) il 10 marzo 1945.
Nell’aprile del 1965, quando il loro figlio Nino aveva 4 mesi, Gunilla Unger e Melchiorre Gerbino si sposarono col rito civile nel Municipio di Stoccolma. Lo fecero perché avevano deciso di recarsi in Italia, dove allora il Vaticano, con la sua creatura politica Democrazia Cristiana al potere, aveva dettato legge che vietava di dormire nella stessa camera di albergo a coppie di non sposati.
Gunilla Unger aveva conseguito la maturità classica svedese e conosceva il latino. Ai tempi di Mondo Beat parlava svedese, italiano, inglese, francese, tedesco.


La fondazione di Mondo Beat

La sera del 15 ottobre 1966 c'incontrammo in sei alla Crota Piemunteisa di Via Pontaccio, una taverna a pochi passi dalla Pinacoteca e Accademia di Belle Arti di Brera.
La Crota Piemunteisa di Via Pontaccio era una taverna di come ce n'erano tante in quegli anni a Milano, a pianterreno e con entrata larga quanto i locali, ma questa aveva pure un soppalco, su cui ci si sentiva come sul palcoscenico di un teatro.
Ci sedemmo a un tavolo del soppalco Melchiorre Gerbino, Vittorio Di Russo e altri quattro che erano venuti con lui. Ordinammo vino rosso Oltrepò Pavese e uova sode per accompagnarlo.
Quando Vittorio Di Russo e Melchiorre Gerbino cominciammo a parlare di movimento anarchico e di giovani che con le loro manifestazioni avrebbero scosso Milano e tutta l'Italia, cose che non si erano mai verificate nella storia, tre, dei quattro che erano venuti con Vittorio, adducendo varie scuse se ne sarebbero andati, con noi sarebbe rimasto solo Umberto Tiboni.
I tre decidemmo di fondare un movimento e discutemmo del nome e delle strutture da dargli.
Trovare il nome fu laborioso. Il termine "provo", che ci sarebbe piaciuto adottare, se lo era già attribuito un gruppo di studenti liceali che orbitava intorno alla sezione anarchica "Sacco e Vanzetti". Vittorio Di Russo avrebbe insistito perché nella denominazione che avremmo adottato apparisse il termine "beat", di cui Melchiorre Gerbino non era entusiasta, perché avrebbe evocato la Beat Generation, una generazione più vecchia della nostra. Melchiorre Gerbino aveva il Free Speech Movement come riferimento americano.
Ma Vittorio Di Russo sarebbe stato irremovibile nel volere che si trovasse una denominazione che contenesse il termine "beat". A un certo punto a Melchiorre Gerbino venne l'ispirazione di anteporre il termine "mondo" a "beat" e la formula sarebbe piaciuta a tutti e tre: il movimento si sarebbe chiamato "Mondo Beat".
Riflettemmo allora sulle strutture da dare al movimento e decidemmo di dotarlo di una rivista e di una sede. Convenimmo di chiamare la rivista Mondo Beat, come il movimento stesso, e decidemmo che ci saremmo appoggiati presso gli anarchici della sezione Sacco e Vanzetti in attesa di avere una sede nostra.
Infine ci assegnammo l’un l’altro le funzioni: Vittorio Di Russo sarebbe stato a capo del Movimento nelle manifestazioni pubbliche e avrebbe intrattenuto i contatti tra Mondo Beat e gli altri gruppi extraparlamentari; Melchiorre Gerbino sarebbe stato l’ideologo del Movimento e il direttore della rivista; Umberto Tiboni l’amministratore e il tesoriere.


Nota.
Melchiorre Gerbino cominciò a scrivere il libro "Gamla Stan" subito dopo il suo tempo in Svezia e terminò di scriverlo appena prima della fondazione di Mondo Beat.
"Gamla Stan" in svedese significa "La Città Vecchia" e così si chiama il quartiere più antico di Stoccolma.
Si consiglia di leggere questo libro, per potere intendere quale sia stata la gioventù cosmopolita in Europa nei primi Anni Sessanta e rendersi conto di come personaggi centrali della storia di Mondo Beat, quali Melchiorre Gerbino e Gunilla Unger, che avevano partecipato all'undeground della Città Vecchia di Stoccolma e lì avevano conosciuto Vittorio Di Russo, avrebbero poi influenzato il Movimento Mondo Beat, i cui giovani si sarebbero caratterizzati di tratti della cultura scandinava nelle sfera dei rapporti erotico-sentimentali.

Qui, copia del libro Gamla Stan

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Storia di Mondo Beat. Capitolo 2